Il versante di Bette a Chiavenna, trenta metri di reti per bloccare i massi
«Un’opera attesa da molti anni, oltre 30, e che ha ricevuto finanziamenti mai visti prima in città». Con queste parole il sindaco di Chiavenna Luca Della Bitta ha presentato ad un salone dell’oratorio di San Fedele strapieno di cittadini l’intervento di messa in sicurezza dell’abitato di Bette. Il quartiere, densamente abitato posto lungo la Statale 36 in direzione dello Spluga e sotto una sponda che da sempre dà problemi per quanto riguarda la tenuta idrogeologica.
«Ogni amministrazione si è posta come obiettivo l’intervento di messa in sicurezza di Bette, ma poi ci si è sempre scontrati con il problema dei fondi – ha spiegato Della Bitta – . Crediamo che l’aver ottenuto il finanziamento totale dell’intervento sia un risultato eccezionale».
Il progetto, suddiviso in due lotti, ha ricevuto due finanziamenti. Il primo da 2,3 milioni di euro e il secondo da 1,4 milioni della Regione Lombardia durante lo scorso anno, come noto. Soldi sufficienti a partire con le progettazioni definitive e, quindi, con gli appalti e i lavori. Dal punto di vista geologico l’intervento è stato presentato da Giovanni Songini, tecnico incaricato nel pool che ha redatto il progetto definitivo del primo lotto di interventi. Quello spiegato nel dettaglio durante la serata: «L’instabilità del versante sovrastante l’abitato di Bette è già stata oggetto di precedenti studi a partire dalla fine degli anni ‘80». Studi che a metà anni ‘90 hanno portato anche ad alcuni interventi puntuali nelle zone più critiche. Poi sono finiti i soldi: «Le condizioni di potenziale instabilità del versante si sono aggravate in seguito all’incendio del 2017 – ha spiegato Songini – . Le criticità del versante riguardano la possibilità di crolli rocciosi dalla parete sottostante il nucleo di Dalò, da rimobilizzazioni di blocchi isolati dalla falda detritica e dalla frana a monte della fascia abitata, da fenomeni di colata detritica legati alla circolazione idrica non regimata e dal rotolamento di massi sul versante a causa dell’abbandono dei terrazzamenti, alcuni ormai collassati». Barriere, quindi, per evitare che i sassi finiscano addosso alle case, sorrette da tiranti. Reti che saranno in grado di assorbire un impatto fino a 3000 kilojoule.
Le reti di ultima generazione, con alta capacità di assorbimento e un impatto estetico tutto sommato ridotto, saranno poste lungo tutto il versante ad altezze diverse: «Il limite, oltre a quelli determinati dalla conformazione del versante – ha spiegato l’ingegner Alberto Fioroni – è quello della lunghezza delle stesse barriere, che non può essere inferiore a 30 metri, altrimenti non è possibile avere la certificazione. Il fatto di essere stati costretti a spezzarle in alcuni punti ci ha costretto a delle sovrapposizioni per non lasciare parti di territorio non protette».
Le barriere saranno la misura di difesa passiva utilizzata per il tratto compreso tra la piana verso il centro di Chiavenna fino al vecchio nucleo dei Barini. Ormai all’uscita dell’abitato di Chiavenna.
Poi c’è il secondo lotto, per il quale non c’è ancora il progetto definitivo: «L’obiettivo dell’amministrazione – ha spiegato il vicesindaco Davide Trussoni – era quello di avere il massimo di protezione possibile per la più ampia fascia di territorio possibile. Credo che con questi progetti questo obiettivo sia stato raggiunto». I lavori partiranno nel 2019, ma ovviamente, per vedere completati entrambi i lotti ci vorranno molti mesi.